Palle di plastica

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«Papà, mi aiuti a fare i compiti di storia?» parametri anomali «Papà?»

«Sì, scusa amore, dimmi» fuori controllo

«Mi aiuti a fare i compiti di storia?» percentuali sospette

«Sì, certo» ma guarda qua, che storia: aumento esponenziale

«La maestra ha detto di chiedere ai nonni e ai papà come giocavano a palla tanti anni fa, quando erano bambini. Mi aiuti?» sfortunate coincidenze?

«Ti aiuto? Vorrei aiutarti, sì… Ma non potete studiare gli assirobabilonesiegiziani?»

«Papi, in quarta. Io faccio la prima, ancora» forse è necessario indagare a fondo

«Va bene. Allora, proviamo a fare una sintesi veloce delle cose moderne, poi chiediamo al nonno le più preistoriche»

«Ok!»

«Cent’anni fa i bambini giocavano nei campi, nelle strade. E le strade non erano come sono oggi, no: erano squartate, senza asfalto, e bastava una pioggia scema perché si riempissero di buche»

«Come adesso, pà?»

«E non esistevano i palloni. Cioè, esistevano ma erano duri, pesanti, costavano moltissimo perché c’era una persona che li costruiva cucendo uno a uno dei pezzi di cuoio spesso e puzzone. E li usavano solo i club di calcio»

«Ma anche il nonno e il suo papà giocavano a pallone…»

«Sì, anche loro»

«E come nascevano i palloni del nonno e del suo papà?» bisogna saperle, le cose, però

«Il nonno e il suo papà usavano degli stracci avvolti tra loro e annodati a forma di palla»

«E tu, papà?»

«Piano piano sono cambiate le cose: tutti i bambini potevano giocare a pallone. Si giocava per strada, mettendo le cartelle per terra per fare i pali. Non c’erano molte macchine e si poteva giocare per delle ore»

«Ma tu non avevi una palla di stracci…»

«Allora, no» nei primi anni sessanta fu realizzato il grande impianto del petrolchimico «Quando giocavo con i miei fratelli usavamo il Super Tele, che era una specie di palla leggerissima, che con un calcio un po’ più forte o un po’ di vento se ne volava. E se finiva nel recinto di qualcuno o in casa, veniva tagliato con le forbici e la tristezza era infinita» prodotti del decadimento del PVC,  cloruro di polivinile,  potente cancerogeno «Quando giocavamo con i cuginetti usavamo il Super Santos, una copia povera del pallone da basket, arancione e con le strisce nere. E la caratteristica di questo pallone era che si incastrava sotto le macchine» uno dei principali produttori di queste sostanze in Italia è proprio quell’impianto «Per le partite con gli amici dell’isolato usavamo il Tango, imitazione economica di un pallone dei mondiali, che ci sembrava una bella palla solida con cui potevi anche fare dei tiri rasoterra precisi, senza che se ne andasse in giro per la città» non ci posso credere, ci nascondono tutto, ci distraggono «Quando invece dovevamo combattere contro i nemici, qualcuno portava il pallone di cuoio. E calciare un pallone di cuoio faceva la differenza tra un piede di gomma e uno da calciatore. Il pallone di cuoio era la certificazione ufficiale che esisteva un primo, un secondo tempo, il fallo di prima e il fallo di seconda, che la partita aveva una sua consistenza, una sua “verità”. Come ce l’aveva quel tipo di pallone. Che esistevano delle regole e che c’era una specie di giustizia nel rispettarle: tutti, anche i giocatori più scarsi, potevano vedere rispettati i propri ruoli, nel rispetto del regolamento del calcio, che solo in queste partite “vere” veniva applicato» malformazioni neonatali in percentuali nettamente superiori alla media europea, anomalie congenite al cuore «Il pallone di cuoio era cucito, sì. Come cent’anni fa. C’era una persona che li costruiva cucendo uno a uno dei pezzi di cuoio spesso, ma meno puzzone perché trattato chimicamente. E poi oggi sono molto meno costosi» cloruro di polivinile trovato nel sangue del cordone ombelicale dei nascituri e nel latte materno?!

«E come mai, papà?»

«Non lo so e non lo voglio sapere»

«E gli altri palloni, papà? Come nascevano gli altri palloni?»

«Gli altri palloni?» hanno ragione, più ne sai e peggio stai. Devo smettere di leggere «Usciamo che ti faccio vedere»

Gli presi la manina piccola, che sapeva di matite. Lo portai al limite del rione, dove finiva la fine degli isolati e c’era uno slargo aperto, da una parte i condomini anni ‘60, dall’altra la campagna. E prima di questa l’albero, enorme, unico sopravissuto alla costruzione del parcheggio dove giocavamo da piccoli.

Alzammo gli occhi, indicai tra i rami decine di palloni dal colore sbiadito incastrati negli anni.

«Ecco come nascono, i palloni»

Michele Lamacchia

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