A me (non?) mi piace Facebook

Amiche e amici buongiorno! Come state? Spero bene! Ero qui su Facebook che rifiutavo l’ennesima richiesta di amicizia da parte di un contatto fake (normalmente si tratta di Mimmo Cavallo, escort, ex o altri personaggi che, in qualche modo, desiderano entrare per forza tra le tue cose tipo stalker di professione, giovani musicisti indie, scrittori che devono venderti il proprio libro o la madre, ottiche del pavese o fantastici life ruler dal facile “Credi in te stesso!” o “Vuoi perdere peso CHIEDIMI COME!”) e mi sono chiesto se mai fosse stato pubblicato uno studio analitico, serio e puntuale sull’uso che facciamo di questo social. La risposta me l’ha fornita Meltemi Editore con questo ricco saggio di Valentina Croce, non una passante qualsiasi, ma un dottore di ricerca in Sociologia e ricerca sociale (con la quale, a posteriori, ho scoperto aver condiviso la stessa facoltà, ndr).

Il libro si preoccupa di analizzare, attraverso l’analisi di un centinaio di profili Facebook dei soggetti più diversi per età, estrazione sociale e culturale, cosa è rimasto del culto dell’individuo di Goffman e Durkheim e che cosa è cambiato. Come sarebbero stati i nostri due sofisticati scienziati? Quanto spesso avrebbero cambiato la loro immagine del profilo? Sarebbero cascati nella trappola delle lunghe trattative lusinghiere dei commenti botta-e-risposta oppure come tutti avrebbero inviato foto del pistulino in chat?

immaginidivertentifacebook_2
L’uso di Facebook consente di mostrarsi socialmente più accettabili. Tra i contenuti più condivisi e acchiappa-like le meme, immagini che di base non farebbero ridere nessuno se non fosse che svelano la nostra reale natura Eh!Eh!Eh!Eh!

Non vi spaventino riferimenti al decostruttivismo dell’etnometodologia Garfinkeliana perché, al di là di certe strutture teoriche, dentro queste dinamiche ci siamo tutti, nessuno escluso. Troviamo (e nell’analisi delle tipizzazioni dei soggetti in causa c’è l’ironia di riconoscersi e riconoscere i propri “amici”) il camerata, il fuggitivo, il criptico, il diplomatico, l’asociale, l’artista, la mamma e moglie felice, il cultore musicale, il moralizzatore, l’animatore, il nostalgico, l’ammiratore segreto, l’ermetico, il corteggiatore seriale, l’opinionista, il naïve, l’apatico, il rassegnato, il misantropo, l’impegnato e tutti gli altri. Ci sono rimandi ai post del buongiorno glitterato che tanto ci fanno sognare e i dipendenti presso se stessi e i laureati dalla vita o in mezzo alla strada.

Con l’avvento dei social sono cambiati gli spazi: il palcoscenico della vita quotidiana non è più solo quello del faccia-a-faccia, e la rappresentazione del Sé può essere dirottata, manipolata, orientata nelle più diverse direzioni, mirate verso una ricerca costante del consenso. Quelli che si taggano presso l’ospedale senza specificare il come e il perché: madò CHE ANSIA!

si-sappia
Tra i fenomeni riportati, quelli che su Facebook si lamentano di Facebook
Non mi capitava di sottolineare così tanto un libro dai tempi dell’università, quando Berger e Luckmann mi spiegavano che “la realtà è una costruzione sociale”. Con l’uso di Facebook, lo strumento Social per eccellenza che, con le sue funzioni e caratteristiche tutte esaminate dall’autore (le informazioni in bio, le foto, le didascalie le amicizie, i filtri visibilità, addirittura il come e il perché dei like ai post o ai commenti e, not the least, lo stalkeraggio), la realtà è diventata per molti quella ricostruita, modellata, edulcorata che viene fuori sul web. Il concetto del qui e ora, da secoli questione dirimente alla base delle seghe mentali dell’Uomo, con l’uso di Facebook diventa qualcosa di più liquido, di trattabile. Si possono rivedere le proprie posizioni, rispondere a posteriori, decidere con chi avere a che fare e come: l’interazione, rispetto a quella faccia-a-faccia, diventa più intenzionale, riflessiva, non spontanea.
ciao
Voi avete o avete mai avuto un profilo di coppia? Chi l’ha fortissimamente voluto? E perché proprio lei?
Una cosa vorrei però chiedere all’autrice di questa ricerca: se è vero che l’interazione su Facebook ha portato a una nuova forma di contegno reciproco legato a dinamiche proprie del buon vivere nella Comunità Virtuale, dell’accettazione, che spesso smussa gli angoli e tende a mitigare le posizioni estremiste, come mai, allo stesso tempo, la barbarie da tastiera è quella che si sta facendo sempre più strada nell’uso dei social? Che cosa dicono gli intervistati? Che il fatto di avere la possibilità di esprimersi li fa sentire in diritto di farlo (e nel modo che più ritengono congeniale, fosse anche brutto, cinico, socialmente inaccettabile)? Oppure il marcio che ciascuno covava dentro di sé e di cui prima si vergognava adesso, anche in virtù di una supposta libertà di espressione, è stato sdoganato? (Finalmente!) socialmente accettato?
fb_img_15309848112472133610895.jpg
Quando cerchi di trasmettere la migliore immagine di te stesso
Comunque, personalmente sono grato a Valentina per questo libro, perché è l’occhio esterno, il narratore onnisciente che, esponendoti i numeri, ti dice le cose come stanno (al punto che, per quanto riguarda lo stare su Facebook, mi sono dato una bella trimmata). Perché quando ci sei dentro, tendi a fare tuoi certi meccanismi che, col tempo, diventano automatici.
L’uso di Facebook, dal momento stesso dell’iscrizione, ci pone dinanzi ad alcuni problemi sostanziali: il problema della reperibilià, il problema del rapporto tra estetica e contenuto, e il problema della credibilità. Quest’ultimo dovrebbe essere affrontato tramite la propria valorizzazione scenica, l’espressione, cioè, dell’apparenza. Le dinamiche di idealizzazione di certi comportamenti e di mistificazione di altri costituiscono quello che Goffman definisce le qualità teatrali della realizzazione, ossia la resa drammaturgica della propria rappresentazione di ruolo. E il grosso lavoro che l’attore sociale deve operare è l’attacamento affettivo al proprio IO, la credenza, cioé, della propria unicità identitaria, quella che Durkheim ha definito, appunto “il culto dell’individuo”. Quando la faccia diviene IL valore sociale (costituito da qualità e fatti sociali al tempo stesso coercitivi e desiderabili), ci dice Goffman: “l’uomo diventa carceriere di se stesso: questo fatto costituisce una delle costrizioni sociali più rilevanti, anche se può accadere che ogni uomo ami la propria cella”.
internet-versus-vita-reale-6-710964
Come mi vedo io / Come mi vedono gli altri
Mi piace! di Valentina Croce mi piace. Ora spererei in una ricerca altrettanto precisa e ficcante anche sull’uso di Instagram, perché ho bisogno di tempo per scrivere e questo, personalmente, mi distrae e mi diverte e mi distrae.

2 pensieri su “A me (non?) mi piace Facebook

  1. Io non ho una pagina Facebook, ma talvolta mi capita di andarci per guardare i profili delle persone che ho perso di vista.
    A questo proposito, ti dirò che mi ferisce particolarmente quando guardo le loro foto e mi accorgo che non solo non conosco le persone con cui loro si sono fatti fotografare, ma neanche quelle che cliccano “Mi piace”, nemmeno quelle che commentano… quando succede questo allora vuol dire che l’ intera vita sociale e affettiva di quella persona è diventata un mondo estraneo per te. Ti senti terribilmente escluso.
    Una sensazione simile l’ ho provata qualche anno fa, quando ho guardato il profilo Facebook del mio storico compagno di banco del liceo. Ha postato delle foto di lui ad Oslo: pensavo ci fosse andato in vacanza, invece leggo i commenti e cosa scopro? Che ci sta facendo l’Erasmus… soltanto pochi anni fa lui mi diceva anche cos’aveva mangiato per colazione, e adesso anche una novità gigantesca come questa l’ho scoperta per puro caso e per di più via Facebook…
    Altro lato negativo di Facebook: diminuisce gli argomenti di conversazione. In che senso? Cerco di spiegarlo.
    Prima di Facebook, quando cominciavi a conoscere una persona tu di essa conoscevi solo poche informazioni fondamentali (nome, cognome, età eccetera), e di conseguenza lei per te era un territorio inesplorato, un libro ancora da leggere, un mondo sconosciuto. Lo stesso valeva per l’altra persona, e quindi avevate mille cose di cui poter parlare: film preferiti, libri, musica eccetera.
    Facebook ha ucciso tutto questo, perché adesso, quando 2 persone iniziano a conoscersi, questi dettagli li scoprono “scavando” nei rispettivi profili Facebook, non parlandone a voce. Così, quando queste due persone avviano una conversazione, non possono più tirar fuori delle domande per rompere il ghiaccio del tipo “che film ti piacciono” o “che musica ascolti”. E se anche le tirano fuori e cominciano a parlarne, l’uno sa già cosa risponderà l’altro, e quindi non c’è più l’effetto sorpresa.
    Facebook ha eliminato quella che gli inglesi chiamano “small talk”, la conversazione su argomenti di poca importanza che serve a creare un’ atmosfera rilassata tra 2 persone.
    Le mie considerazioni ti trovano d’accordo?

    Piace a 1 persona

    1. Ottime (e abbondanti) osservazioni! Sì, posso essere in parte d’accordo con quello che dici. Facebook ha “impigrito” quella sfera conoscitiva, la small talk appunto, (e nemmeno per tutti: con i miei parenti e amici che sono poco “postanti” per avere informazioni su di loro devo scrivere in chat, esattamente come facevo con gli SMS) ma non ha, di fatto, cancellato: ha integrato quelle informazioni con altre, con contenuti diversi. Non devo chiederti che musica ascolti o cosa bevi perché me lo puoi mostrare diversamente tramite i contenuti che condividi. E se è vero che da una parte viene meno l’effetto sorpresa, dall’altra avere una scorta di informazioni (gusti, esperienze, opinioni) su cui potersi confrontare in un’altra sede. Penso alle centinaia di persone che in questi anni ho conosciuto sui social e con cui poi sono venuto in contatto di persona. Non mi sento di demonizzare lo strumento che, va detto, andrebbe vissuto in un’ottica di digital-world, ovvero di una community dove distanze immense diventano minime e io posso conoscere anche persone con cui altrimenti mai avrei potuto avere a che fare. Quindi, alla fine, una grande ricchezza per certi versi, a danno di una pigrizia per altri (io stesso non ricordo più nessun compleanno, per dire).

      "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.