


Amiche e amici, come state? Io bene, sperimento resilienza: sono senza condizionatori dal giorno dell’alluvione.
Come ogni anno, facciamo il punto della situazione costume/società summer (’23). Da fine intellettuale, avevo già previsto che sarebbero spariti i fenicotteri gonfiabili giganti quanto la Basilicata, ma vediamo nel dettaglio.
SHE: bikini a tappeto e vale tutto, anche pezzi spaiati di modelli e colori diversi (dici ciao all’armocromia). Tanga, perizomi e microstring in trend, tipo al 99%: successo trasversale per tutte le tasche, le età e le taglie, dovuto non si sa bene a cosa, se a qualche testimonial di sicuro successo o se al caldo mai-come-ora che prevede l’uso minimo di stoffe sulla pelle. Per contro, costume intero in caduta libera. Trikini (?) non pervenuto, tracce di complicati costumi lacci e laccetti che fanno fare tardi agli aperitivi. Mutanda sgambata più che si può tipo che la coscia parte da poco sotto la milza. Inoltre SPOILER debellato quasi del tutto lo strapotere del sempre versatile pareo, al suo posto lingerie da mare (vestaglie, camicette, prendisole in pizzi e merletti), trasparenze ammiccanti e camel-toe pride. Per i capelli, tornano le treccine e, udite udite, i pinzettoni. Pelo sì, pelo no: poco importa (o, per lo meno, meno).
HE: solo e soltanto boxer, due le categorie: giallo fluo e altre catarifrangenze contrapposto alla sobrietà della tinta unita o dalle stampe con piccole ancorette, piccoli pesciolini, piccole paperette, piccoli Popeye, piccoli cavallucci di mare, e triangolini, rombi o pied de poule. Scompaiono dai radar gli slip (specie se bianchi) e gli imbarazzanti parigamba tipo Vacchi (se il vostro lui ancora li mette, fategli leggere queste righe). Accessoirize: via il borsello, monospalla o tracolla che lascia il posto alla pochette con la maniglia; sparisce il marsupio, eccetto che per i giocatori di calciobalilla e i parcheggiatori fuori ai lidi; l’uomo summer 2023 è più sobrio del previsto, si è sbarazzato del bracciale all-you-can-drink resistente all’ultimo Oktoberfest nonché del classico cotoncino della fortuna brasiliano. Seppellito, si spera per sempre, il bracciale di cuoio (che, ricordiamo, alla fine dell’estate puzza di morto) per significare quel carattere deciso ma forse, in fondo, da tenerone. Salute: in forma solo alcuni sessantenni in una forbice che va da Kirk Douglas di Spartacus e Lou Ferrigno (per estimatori), gli altri solo contemplativi. SPOILER come previsto, sparite le barbe da frate eremita o tagliaboschi del Wyoming (tranne piccole comunità circoscritte in riserve) e i baffi a manubrio (se avete presente i gentlemen col panciotto che di giorno hanno il “barber shop”, la sera la birreria artigianale, il lunedì chiuso per ritrovarsi insieme a fumare sigarilli e bere brandy in circoli esclusivi per soli uomini, coi divani in radica di legno e teste impagliate alle pareti). Accessoirize: torna il berretto da baseball con la visiera indietro mannaggiattutto.
THEY: le alte temperature associate agli elevati costi per l’energia elettrica disincentiva l’accoppiamento a casa con o senza l’aria condizionata (qui da me ormai SENZA). A seguito di ciò HOT! in trend, lo scambio di effusioni in acqua preferibilmente con copulazione (esclusi i presenti). Si suggerisce di tenersi al largo dalla portata dei bambini (specie i più figliditroja con maschera e boccaglio).
TATTOO: per lo più gli stessi dell’anno scorso solo meno leggibili. Per questo motivo, alcuni hanno fatto dei richiami sulle tempie o altri punti del viso. La tua invidia è la mia fortuna? Mamma perdonami.
MUSICA: sembra tramontato e speriamiddio per sempre il reggaeton, insieme ai balli di merda di gruppo dei nostri tempi che, mi dicono, sono ballati da ristrette sacche di resistenza in lunghe sfide bollywoodiane. Al loro posto, dj set con pezzi punk e rock (Sex Pistols, Bowie, Nirvana, Depeche Mode, etc) suonati in stile glamour lounge music and chill out (si immagini Smells like teen spirit suonato e cantanto come una ninna nanna vellutata) oppure questi italiani che sbiaschicano le parole che pensi sia la sintonia delle casse e invece è proprio così. Abbiamo osservato un certo stacco generazionale con dj un po’ avanti negli anni (ma proprio vecchi, con le ginocchia valghe e le ciabatte con le unghie gialle dei piedi e tutte cose) e personale di servizio in giro ai bar e ristoranti poco meno che maggiorenne (probabilmente per certe implicazioni penali che noi sociologi non conosciamo). Da questi ultimi non ci aspettiamo certo la conoscenza e l’applicazione delle regole base del bon ton, ma neanche di essere trattati come i compagni sfigati della comitiva (che salutiamo).
DRINK&FOOD: improvvisamente non esiste più il pezzo di pizza o il panino qualsiasi. La qualità pervade la pausa lunch: pane di grani antichi o cereali rari, salumi IGP, latticini Slow Food, acciughe del Cantabrico (ormai estinte), capperi di Pantelleria, gamberi battuti di gamberi e tartare di gamberi, olio EVO e pomodorini confit a tutte parti. Tonno scottato, salmone scottato, spigola scottata, ma un poco di maionese doposole, niente? Proprio a voler trovare un difetto, direi che i prezzi hanno raggiunto il picco al pari delle temperature: la frisa di pane duro olio pomodoro e origano che mia madre mi tirava dietro per colpirmi e lasciarmi steso a terra, al bar te la portano a non meno di 12 euro (con olio EVO e pomodoro confit, of course). Tra i drink, vincono il sempreverde (cioè rosso/arancio) spritz e gin tonic con tutte le varietà possibili di erbe, bacche, foglie e aromi della campagna, sempre rigorosamente a centimetro zero (ai tempi miei la scelta era tra vino bianco o rosso, ma forse ero già ‘mbriaco e perciò non mi ricordo niente). Boom di vendite per i vini rosati che, come sappiamo, si ottengono mischiando vini rossi con vini bianchi. Per accompagnare, il TRIS ovvero tre coppe con taralli olive e un’alternativa tra patatine e arachidi. Test clinici dimostrano che nell’ottica dell’ecosostenibilità, il tris risulta essere un valido alleato contro gli sprechi poiché quello che lasci può essere usato per un altro tris dopo del tuo, in un felice e ignaro riciclo alimentare.
In calo senza scampo la deriva radical-country bio-dinamica che ci vedeva felici nel sorbici cocktail nei boccacci sdraiati sui pancali di legno.
Ristoranti PIENI. Pieni, cazzo. Non si trova un posto nemmeno a pagare (cosa che vi suggerisco sempre di fare).
LIDI: il Covid con tutte le sue precauzioni sembra essere un nemico lontano, lo dimostra la disinvoltura con cui ci abbandoniamo su pouf e divanetti resi lucidi dal sudore di chi si è accomodato prima di noi. Non solo: per dare maggior senso alla promiscuità, siamo disposti a spendere cifre considerevoli per rotolarci su veri e propri letti king-size (richiestissima proposta dell’estate). “Scusi sta andando via?”, “Si”, “Finalmente!” SPLASH! sopra al lettone.
Tornano le simpatiche partite a carte in spiaggia o al bar, nostalgia dei nostri nonni: scopa, scopone, rubamazzo e burraco. Racchettoni sostituiti dai cazzo di padel, padel a tutte parti il padel, poi dice il pistacchio.
Altra caratteristica intramontabile dei nostri amati lidi (ma non solo, è qualcosa che ha solide conferme anche tra i bar e ristoranti) è la coerenza che non tradisce mai: perché emettere scontrini quando posso scrivere la cifra da pagare sulla carta del pane? Qualcuno più puntacazzista però lo trovi sempre, ed ecco una bella macchinetta che stampa uno scontrino uguale uguale a quello vero, sono che forse in piccolo ci sta scritto “PRECONTO” o “FUCKSIMILE” (questa è mia).
Arrivi al tuo bel lido, si è liberato un bel letto largo così, ancora glitterato di crema solare perlescente, paghi 200 euro per mezza giornata e ti danno un pezzo di carta senza alcun valore ma tu devi dire pure grazie che ti hanno concesso questo privilegio.
SCENARIO: torni indietro a chiedere lo scontrino e la tizia ti dice che “mi deve essere sfuggito…”, sono le tre del pomeriggio, tutto sold out e tu leggi che è lo scontrino numero 10. Suggerisci una cura di fosforo e diventi subito il più odiato del pianeta.
MEMO: non abbiate timore di chiedere lo scontrino. Metà dei balneari paga meno di 1400 euro l’anno di affitto allo Stato, fatti i conti in tasca si recuperano in un giorno (se sei sfigato). Poi c’è anche chi paga qualcosina in più come il Papeete dell’amico di coso che versa nelle casse dell’erario 10mila euro l’anno (a fronte di ricavi per 3,2 MILIONI), o il Twiga che paga 17mila euro e affitta gazebo a 1000 euro al giorno (e no, non te lo puoi portare a casa).
“Eh, ma tu sei invidioso!”. No, mi gira il cazzo: è diverso.
L’emiro del Qatar per Cala di Volpe paga 520 euro l’anno e guadagna 106 MILIONI (“eeeh, la sanità, le scuole, la ricerca, le strade, le famiglie, i rincari, il dissesto idrogeologico…”, ecco, pensateci).
Tormentone dell’estate (non a caso): “Attenzione pickpockets!”
In conclusione, ritengo che sotto l’aspetto del costume e delle abitudini, questa estate si potrà ricordare per il ritorno a un calmo rigore, una riscoperta del tempo, dell’essenziale, della sostanza, anche della bellezza dei rapporti umani, parlarsi senza dover urlare, la vicinanza, guardarsi negli occhi, guardarsi.
Buone vacanze [cuore]
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