I like it. Postare per acchiappare.

Amiche e amici, come state? I feel good (and I like it).

Anni fa, abbiamo fatto uno studio per l’Università di Lecce sull’uso dei social network. La ricerca coinvolgeva un campione trasversale e disomogeneo (com’è la vita): più di trecento utenti che, su base volontaria, ci dava accesso totale ai propri profili e, con pazienza e coraggio, rispondeva a corposi questionari dalle domande su come e perché si fanno amicizie, perché si fanno determinate “scelte editoriali” (chiamiamole così, ovvero perché si posta questo e quello), etc., aspetti che mi piacerebbe vedere con voi di volta in volta, visto che ci riguardano tutti.

L’evoluzione dei social, degli strumenti, delle loro funzioni, ha modificato l’uso degli stessi e di certo anche delle sue finalità. Prendiamo Instagram, per esempio: l’app è nata per condividere con un numero ristretto di persone istanti di vita quotidiana tramite un’immagine con pochi filtri mentre ora abbiamo oltre 1,2 mld di iscritti che sono fruitori ma, al tempo stesso, broadcaster.

Tornando alla nostra sineddoche, alla domanda: “perché pubblichi questo contenuto (riferito sia a immagini che a testo)?” la maggior parte delle persone coinvolte citava la ricerca di approvazione. Un’altra parte diceva che i propri contenuti servono ad aggiornare il proprio “pubblico” (utenti, clienti, consumatori, amici…) circa le proprie attività, i prodotti, etc. Percentuali spicciole postano per conservare il ricordo, per cercare compagnia, “perché devo”, “tanto per fare”, per “generare invidia”, per cercare supporto/aiuto, non sa/non risponde. La percentuale però della domanda di approvazione (ricerca dei like, di commenti lusinghieri, di reazioni e risposte) risultava molto più importante di tutte le altre voci al punto che qualcuno eliminava il contenuto se questo non riceveva un numero di like all’altezza delle aspettative.

Secondo una mia personale, approssimativa statistica, postare gattiny porta like (ma solo finché sono cuccioli); postare roba di politica o comunque di interesse sociale, porta molta reaction (commenti e messaggi) ma anche tanto odio (pure da sconosciuti) e istantanea perdita di followers (bye bye); condividere foto belle di posti suggestivi porta like, richieste di informazioni e confronti (“sembra uguale a Francavilla a mare”, “quando ci andavo io era tutto diverso”, “la campagna di Cisternino non si batte”); postare cibo è vincente perché perché la fame è fame (ma attenzione: se condividi carni-pescivoro ti mangiano vivi quegli altri; se invece posti vegano è la fine; la pizza unisce tutti e anche l’alcool che sembra mettere allegria e concordia, ma io non bevo che se no dopo due bicchieri poi vado a fare l’elicottero a Piazza Venezia – bugia, non necessariamente lì); foto di libri piacciono solo e soltanto a una cricca di maniaci: ci si fa un mazzo così per le recensioni per una risposta social di proporzioni renziane (ma noi siamo così: ci chiudiamo nel nostro piccolo circolino di auto-aiuto e tutto il mondo fuori cit.).

Essendo contrario allo sport (perché se Gesù ci avesse voluti più veloci ci avrebbe fatti con le ruote) chiedevo a voi: che riscontri hanno le vostre foto “daily workout“? Tutt’ palestr’ sudore e fatica che io mi stanco solo a vedervi. E due: essendo poi un pessimo modello, che risposta avete ai vostri “outfit check”? Io vorrei farlo ogni tanto, ma temo sempre che arrivi qualcuno a dirmi: “fai cac@re”.

Allora broadcaster, dite: quale il primo motivo per cui postate sui social? Quando condividete un contenuto pensate alla risposta del vostro pubblico personale o non importa? E quali sono secondo voi i contenuti che portano più like? Bikini e gattini? Io se volevo i big like postavo solo gatti e quel video dove faccio l’elicottero in Piazza Venezia. E quando scrivete qualcosa di veramente “likoso”, ma avete copincollato il testo dal web, dividete i like con l’autore? Vi leggo con interesse e, come sempre, ci metto la faccia.

Michele Lamacchia

Le parole creano mondi


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