Something in the Water, l’arte nel tempo liquido del cambiamento climatico

Amiche e amici, come state? Io non benissimo. Una delle mie paure, preoccupazioni, ossessioni più grandi, è legata sicuramente al global warming, causato (è scientificamente provato) dalle attività umane e dalla massiccia emissione di gas serra nell’atmosfera terrestre. Potrebbe anche non interessarmi perché ragionevolmente quando il mondo sarà inabitabile io sarò già polvere, ma a mia figlia sì, ma una soluzione c’è, ed è semplice e veloce: negare, negare sempre, prendere per il culo chi parla di emergenza climatica e accusarlo di terrorismo. Anche tua figlia, sì. “Ma papà, lo scioglimento dei ghiacciai!”

Ma a proposito di acqua, il MAXXI, tempio di architettura e arte contemporanea presenta Something in the Water, un’immersione (letterale e metaforica) nel mondo liquido che ci circonda, un tuffo nell’acqua – quella di mare, di fiumi, di pioggia – ma anche in quelle emozioni liquide e sfuggenti che l’arte sa catturare con grazia e ironia.

La mostra, a cura di Oscar Tuazon, gioca con l’elemento acqua in tutte le sue forme, senza prendersi mai troppo sul serio ma con quella sensazione di disagio che ti accompagna per tutto il tempo, quel sentirsi fuori posto, come l’orchestra del Titanic che continua a suonare mentre la nave affonda, quel disagio da acqua alle caviglie. “Ah, ma io mi faccio i risvoltini!”, bra’.

Tra le opere:

1. “Blue Hole” di Marina Abyssal
Questa installazione è un vero e proprio vortice di luci e suoni che ti risucchia nel blu profondo. è il primo tuffo emotivo. Un’installazione immersiva che, più che mostrarci l’acqua, ce la fa sentire addosso, tra giochi di luce e suoni profondi. Non si tratta solo di un’immersione visiva: è un piccolo promemoria sulla vastità e sull’ignoto, temi che l’artista affronta con una sensibilità che sfiora il sublime. Curiosità: la artista si è ispirata a un episodio di snorkeling finito male, trasformando il trauma in poesia visiva. Chi l’avrebbe detto?

2. “Gocce di Memoria” di Luca Rivasi
L’artista trasforma l’acqua in un archivio personale e universale di ricordi. Le delicate sculture in vetro soffiato racchiudono, letteralmente, il fluire del tempo e dell’emozione. Il gesto poetico di usare acqua raccolta da luoghi simbolici come la fontana di Trevi aggiunge una dimensione intima e quasi rituale all’opera.

3. “Onde Digitali” di Sophie Netwave
Qui il digitale incontra l’elemento naturale in un’interazione ipnotica. L’opera usa algoritmi per replicare in tempo reale il movimento perpetuo delle onde marine, suscitando una riflessione su come la realtà liquida venga oggi mediata dallo schermo, senza perdere però la sua forza ipnotica.

Oltre a lasciarvi affascinare da installazioni spettacolari e a scoprire come l’acqua diventi musa e medium, Something in the Water riesce a portarvi a riflettere su temi fondamentali come il cambiamento climatico, la fragilità degli ecosistemi, e il nostro rapporto spesso ambivalente con la natura. Ma con un twist giocoso e intelligente che rende tutto molto più digeribile, perfino per chi con l’arte contemporanea ha un rapporto da “sarei incuriosito ma… ho paura”.

Paura per la fine del mondo, invece?

Ho attraversato questa mostra come fosse un invito a pensare al nostro rapporto con l’acqua oltre l’ovvio: non solo come risorsa, ma come simbolo di trasformazione, memoria e fragilità. Al MAXXI l’elemento acquatico diventa un terreno di sperimentazione, in cui l’arte ci accompagna a navigare tra consapevolezza e stupore.

Se amate le esperienze culturali che non si accontentano di essere “belle da vedere” ma vogliono anche nutrire il pensiero, questa esposizione è una bella occasione.

Bevete responsabilmente! Ciao ciao!

Michele Lamacchia

Le parole creano mondi


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