
Amiche e amici, come state? Io bene: ho capito che il tempo speso per lavorare era tutto tempo che in questi anni ho tolto alle gite, alle bevute, alle feste, alle cliniche e alle lacrime. Perciò ho smesso, ho messo da parte il dovere ed eccoci qua, con il conto corrente “Intesa Farina” (doppio zero, ndr) ma sempre a perseguire l’ottimismo. Un esempio? Il (quasi) minimo storico del mio peso forma. Ma a proposito di bella vita, di grazia e di avvenenza.
Abbiamo visitato per voi la mostra dedicata ad Alphonse Mucha, La seduzione dell’Art Nouveau negli spazi del quattrocentesco Museo degli Innocenti (informarsi per riduzioni e gratuità che sono diverse e noi, da Very Poveri, ne abbiamo approfittato).

Attraversando un corridoio di lucine, sorpresi dal déjà vu da Ville Lumière, ci si ritrova nel sobrio ed elegante allestimento espositivo, in un percorso tematico e cronologico di oltre 170 opere. Manifesti, libri, disegni, olii e acquarelli, fotografie, gioielli, opere decorative: tutto concorre ad evidenziare la complessità e l’eclettismo di Alphonse Mucha, il più grande artista ceco, esponente di punta dell’Art Nouveau, ispiratore di artisti con il suo iconico “stile Mucha”.
Sebbene il suo grande lavoro di ricerca e riflessione abbia sempre supportato il suo spirito patriottico, l’attaccamento alla sua terra e alla sua indipendenza (di cui notevoli testimonianze esposte), l’impronta più significativa che l’artista lascia è quella tesa ad accompagnare una nuova figura femminile dall’Ottocento al Nuovo Secolo: non più una donna in secondo piano, dallo stile cupo e relegata a fare da insubordinata a uomini grigi (e, se ci pensiamo, che non poteva neppure votare nella maggior parte dei Paesi del mondo), ma una protagonista. Con il suo sguardo sicuro e diretto, le donne di Mucha rappresentano il nuovo ideale di donna che si gode il senso di libertà ed euforia. Musa dell’artista, non a caso, quella che da molti è stata definita “la più grande attrice di tutti i tempi”: Sarah Bernhardt. La produzione dei manifesti per i suoi spettacoli, qui esposti quelli per la Gismonda, La Dame aux Camèlias, Lorenzaccio, La Samaritaine, Médée, Hamlet e Tosca, ipnotici per la loro bellezza, hanno lanciato Mucha nell’empireo degli artisti più noti e apprezzati del suo tempo, con commissioni e riconoscimenti in tutto il mondo.





Tutte le donne che Mucha rappresenta nelle sue opere sono fluide, bellissime e leggere, ma il loro sguardo è sempre diretto e forte, segno di un’emancipazione, una trasformazione che, durante la Belle Époque, nei decenni tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, inizia a manifestarsi. È lo sguardo di una donna nuova, che rivendica il diritto di una libertà e dignità che fino ad allora le è stata negata.
Considerando che l’arte è spesso un buon indicatore delle norme sociali di una certa epoca, si osservi che gran parte dell’arte del Diciannovesimo secolo rifletteva le nozioni di una femminilità idealizzata e asservita: a quel tempo esisteva una sorta di “culto della domesticità” associato al ruolo femminile, un ruolo subalterno imposto alle mogli e alle figlie dalla società occidentale che dipendeva ed era anche conseguenza della relazione tra femminilità e purezza percepita dal comune pensare. La “fanciulla modesta”, un tema comune rappresentato dagli artisti del diciannovesimo secolo, rifletteva queste nozioni sociali: veniva mostrata una donna elegante, sottomessa e sessualmente repressa; solitamente era completamente vestita e spesso raffigurata sdraiata o posizionata passivamente. Quello che le donne di Mucha, con i loro capelli indomabili, gli occhi impavidi, le vesti impalpabili a coprirne le forme sensuali, NON SONO.
È “l’inizio della modernità, di cui Mucha, pur con un linguaggio influenzato dai Preraffaelliti di Hans Makart, dalle xilografie giapponesi, dalla bellezza della natura, dalla decorazione bizantina e da quella slava, si fa portavoce”. E non è difficile scorgere rimandi alle donne dipinte dal Botticelli, ovviamente con una rielaborazione senza precedenti che emoziona per originalità, eleganza, riconoscibilità.
Il lavoro di Alphonse Mucha cattura l’essenza di questa evoluzione e, indicativo del passaggio alla modernità, accompagna la transizione dall’immagine di “fanciulla modesta” a quella della “nuova donna”, la “femme nouvelle”, la donna del nuovo secolo, sempre meno soggetto passivo di ubbidienza e docilità, sempre più progressista, elitaria e moderna. Mucha dipinge le donne come socialmente autorizzate, partecipanti ad attività maschili e molto presenti nella sfera pubblica. In questo senso è utile dire che l’emancipazione femminile nella sua arte passa tramite il loro inserimento nelle pubblicità di prodotti commerciali che un tempo rappresentavano tipicamente la mascolinità, quasi a simboleggiare l’irruzione femminile nelle attività maschili. Mucha, che diventa una vera star della pubblicità, nelle sue réclame mostra donne che bevono alcolici, che flirtano, che fumano. Decine di anni prima di Bernays, Mucha introduce nella società una donna che tiene in mano una sigaretta accesa, inclinando sensualmente la testa all’indietro con il fumo che si alza formando un arabesco intorno ai suoi capelli. L’azione di fumare era cosa insolita per il sesso femminile, un aspetto considerato quasi “deviante” durante gran parte del XIX secolo. Eppure, nell’opera, una signora gode apertamente di una sigaretta, esprimendo un’emozione simile al piacere sessuale, che nasce da un’attività prima legata alla virilità maschile: la donna moderna sembra trasmettere un senso di autorità sociale conquistato, padrona del suo destino.






L’arte per Mucha, deve essere “un dono essenziale per il genere umano, e per questo essere accessibile al grande pubblico, incoraggiando il maggior numero di persone ad ammirarla e apprezzarla”. L’artista è “un sacerdote all’altare della bellezza” e il suo ruolo è comunicare il messaggio della bellezza a quanto più pubblico possibile. Al centro della sua filosofia artistica vi è il concetto di bellezza, che è simbolo delle armonie morali e che possiede un’intrinseca capacità d’ispirazione. Si sente quindi più vicino al concetto di arte per il popolo anziché a quello di arte per l’arte; a un’arte “economica e alla portata di tutti, che trova casa presso le famiglie povere come pure nelle cerchie più facoltose”. In quest’ottica, produce e disegna una serie di oggetti di uso comune e di grafiche a disposizione di tutti, per qualsiasi classe sociale: dai calendari ai gioielli, dai piatti alle vetrate, dalla stampa di tessuti alle carte da parati. Produce libri composti da litografie concepiti come manuali per artigiani, designer e studenti di belle arti, coi quali presenta tutti gli aspetti del suo processo artistico. Non solo include dei campioni di design pronti all’uso per produttori, ma anche una varietà di disegni che mostrano agli artisti l’intera procedura di stilizzazione, trasformando gli studi realistici ispirati al mondo naturale in motivi decorativi che possono essere applicati ai prodotti e non limitarsi solo a essere piacevoli alla vista. Mucha era persuaso che l’arte aveva il compito di veicolare un messaggio spirituale, elevare gli spettatori e soprattutto parlare a tutte le persone. Anelava a un mondo migliore in cui tutti, ciascuno con la propria cultura di provenienza, sapessero rispettare le differenze e vivere in pace e armonia: un messaggio quanto mai attuale in questo mondo tormentato.







E infine, a margine, la nota più dolce: la mostra di Alphonse Mucha, la seduzione dell’Art Nouveau, contribuisce al progetto L’Arte della solidarietà realizzato da Arthemisia con Komen Italia. L’obiettivo è di unire l’arte con la salute, la bellezza con la prevenzione: parte degli incassi provenienti dalla vendita dei biglietti di ingresso della mostra verrà devoluta per la realizzazione di specifici progetti di tutela della salute delle donne. Con questa partnership, Komen Italia si prepara al grande evento nazionale per festeggiare il suo venticinquesimo anno della Race for the cure il prossimo maggio 2024, la più grande manifestazione per la lotta ai tumori del seno in Italia e nel mondo: la più bella pioggia di rosa che puoi avere in mente (per iscriversi, cliccare qui).
Alla prossima non-recensione!
Ma a proposito di solidarietà femminile, curiosità mia: voi ce l’avete quelle amiche a cui avete detto di bloccare e sbloccare sui social qualcuno da “controllare”? O di cui avete preso lo smartphone per farlo? Perché io ne ho beccate più di qualcuna (sì, tu: perché negare? Boh…)

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