Le rovine non sono la fine, ma l’inizio

Amiche e amici, come state? Io bene, ma in questo periodo di svolta post-elettorale europea con scappellamento a destra, mi è venuto in mente Anselm Kiefer, uno dei più influenti artisti viventi, impegnato oggi a dialogare con il magnifico contenitore cinquecentesco di Palazzo Strozzi.

Discusso fin dagli esordi per le sue posizioni non chiare nei confronti del passato, crudele regime nazionalista, Kiefer propone anche in questa esposizione opere che risuonano come nostalgiche di un imperialismo fallito, di braccia tese – qualcuno sostiene – per scopo dimostrativo, quasi provocatorio, per stigmatizzare un nazi-passato che non c’è più e che ancora però risuona ingombrante e opprimente nella cultura germanica come un giganormico e insuperabile groppo di senso di colpa in gola.

Ingombrante e opprimente come le opere proposte in questa esposizione: la maestosa Engelssturz, la Caduta dell’Angelo, oltre sette metri di tela creata apposta per il cortile del palazzo, rappresentante l’Arcangelo Michele che nell’Apocalisse caccia nelle tenebre gli angeli caduti (tema della mostra); Luzifer, dove la modernità del volo dato dall’ala tridimensionale di un aereo si contrappone con la caducità di un Icaro insolente (another fallen angel); le imponenti opere de La Scuola di AteneVor SokratesAve Maria e l’omaggio al controverso imperatore Eliogabalo a cui Kiefer dedica due enormi tele dal vibrante fondo dorato con enormi girasoli.

Il percorso permette allo spettatore di immergersi nell’arte del grande maestro tedesco tra opere storiche, tra cui le “teche” di Danae e Daphne, protagoniste delle metamorfosi di Ovidio, le grandi litografie coi paesaggi di malinconico richiamo all’infanzia post bellica al di qua del Reno, le gigantografie con i suoi discussi autoritratti dove si esprime nel fiero saluto nazista, e le nuove produzioni sopra citate con rimandi alla letteratura, alla religione e alla filosofia, fino al tuffo immersivo nella Verstrahlt Bilder, una galleria di oltre sessanta opere esposte sui quattro lati e anche sul soffitto. Di sicuro impatto, come abbiamo visto nell’arte contemporanea ormai gli specchi li mettono a tutte parti, come i trucchi di scena del teatro o nei progetti di interior design che fanno profondità e generano illusione (e in fondo a noi ci piace vivere di apparenza, di speranza, di sogno, di utopia, di fantasticheria, di illusioni).

La tecnica di Kiefer è alchimistica, complessa, multi-materica, mescola cere, pitture, metalli, ossidi, stoffe, carciofi, semi… le opere spesso vengono riviste, rifatte, maltrattate, colpite, bruciate con gli acidi e con il fuoco, in un interminabile processo di rigenerazione dell’arte.

Interessante il video-documentario che scorre all’inizio dell’esposizione in cui Kiefer afferma che il processo di irradiazione dei suoi dipinti scaturisce dal fatto che le sue opere non gli piacciono e, non essendo mai concluse, tornano di continuo in studio per essere riprese. È questo concetto di fallimento che fa andare avanti il processo e, come racconta lo stesso Kiefer, “la distruzione è un mezzo per fare arte”.

Di sicuro il lavoro dietro ciascuna delle lavorazioni è lungo e faticoso. Da Uomo della strada, da Amico dell’arte, non mi sento di consigliare la visita di questa mostra che mi ha lasciato un senso di tristezza, di vuoto, di sconforto. E, se non bastasse, il caffè di Strozzi Bistrò (che saluto) è a mio parere, il più cattivo mai provato (forse un’estensione meta-sensoriale della mostra).

Grazie per la lettura e… alla prossima!

Michele Lamacchia

Le parole creano mondi

Nel percorso (difficile) di sganciare l’identità fiorentina dall’attrattività dei massimi esponenti dell’arte medievale e rinascimentale, auspicando quindi una nuova “rinascita” culturale, rientra l’attuale orientamento di Fondazione Palazzo Strozzi (di cui sono “amico” o “patron”, ma non è un titolo nobiliare: basta fare la tessera) con la proposta dei grandi maestri del contemporaneo: Ai Weiwei, Marina Abramovic, Bill Viola, Jeff Koons, Olafur Eliasson, Yan Pei-Ming, Anish Kapoor, etc., etc. e, fino al prossimo 21 luglio, il sopracitato Anselm Kiefer.


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