
Amiche e amici, come state? Io continuo a fare traslochi. E nel mio vagabondaggio per soluzioni abitative alternative, tra curiosità e meraviglia, sono incappato in Ambienti 1956-2010. Environments by Women Artists II: tra arte, architettura e design una mostra itinerante nel tempo e nello spazio. Una ventina di opere di altrettante artiste, perfettamente integrate nell’unico, grande contenitore del MAXXII di Zaha Hadid.
Avviata lo scorso settembre presso la Haus der Kunst di Monaco a cura di Andrea Lissoni e Marina Pugliese con Anna Pfautsch, la mostra sottolinea il contributo fondamentale delle donne alla storia di questa espressione artistica dal dopoguerra ai giorni nostri. Pensare a una “travelling exhibitons” permette di esplorarne le sue possibili qualità trasformative, sfruttando un approccio evolutivo in contrapposizione con la natura monolitica delle grandi esposizioni. L’introduzione di nuovi materiali e tecnologie influisce con la partecipazione attiva degli spettatori.
Per partecipare ed essere sensoriale al massimo, per prima cosa ti fanno togliere le scarpe. Scalzi o calzini ai piedi (mi invitate a nozze), Ambienti 1956-2010 è un’esperienza che stimola tutti i sensi e ti trasporta in un viaggio attraverso decenni di creatività femminile, celebrando l’innovazione, la sensibilità e la visione di tre generazioni di artiste donne che hanno trasformato l’arte ambientale e installativa.
Ogni sala è una scoperta, vado a caso: l’ambiente realizzato da Marta Minujín, ¡Revuélquese y viva! con materassi di varie forme dipinti a mano dove risuonano gli iconici successi senza tempo dei Beatles; l’opera monumentale di Alexandra Kasuba, Spectral Passage, che offre agli spettatori l’opportunità di entrare in un inquietante e meraviglioso arcobaleno; Sip My Ocean, ambiente video di Pipilotti Rist da cui i emergono corpi, forme e oggetti ripresi principalmente sott’acqua che si sdoppiano e si allontano, per poi ricomporsi e scomparire (immagini evocative del sesso femminile legate a un’idea di origine del mondo, al vitalismo della natura e del corpo); nell’androne dell’ascensore, la prima opera ambientale di Esther Stocker si dilata nello spazio, includendo pavimento, pareti e soffitto (e ascensore); Feather Room (1966–2023) di Judy Chicago, che ci fa entrare in una stanza riempita con piume d’oca (mezzo metro e centocinquanta chili di piume: magia – esclusi soggetti allergici, schifiltosi e animalisti); A casa é o corpo di Lygia Clark è un percorso sensoriale che fa rivivere l’esperienza del concepimento e della nascita (non mi è piaciuta); If You Lived Here… di Martha Rosler che mette in luce questioni sociali urgenti come l’emergenza abitativa (l’arte portavoce di istanze); Ambiente cronotopico vivibile di Nanda Vigo, un cubo in cui l’immagine del visitatore si moltiplica all’infinito (non dobbiamo dimenticare che alcune opere come ad esempio questa, vengono da noi dagli anni ’60…); Penetración/Expulsión di Lea Lublin tratta il tema della riproduzione umana attraverso diversi elementi tra cui un tunnel che ricorda il cordone ombelicale (vista l’interazione del pubblico con l’opera, io lascerei spazio alle più diverse interpretazioni, sinceramente); la torre d’acciaio We used to know di Tania Mouraud emette ultrasuoni e infrasuoni illuminata e riscaldata fino a 45 gradi, un vero esperimento di fisica che produce sensazioni disturbanti a chi vi si approccia; The Bird Tree, importante installazione sonora di Christina Kubisch, è un grande albero composto da cavi elettrici che permette di ascoltare suoni e versi di uccelli da tutto il mondo (incantevole!) and many more.
Francesco Stocchi, neo direttore artistico del museo, ha dichiarato: «La mostra rappresenta per le artiste così come per il pubblico un’occasione unica per lavorare con una materia viva, in evoluzione, rispetto alla definizione stessa di un’opera finita. Una scultura, un dipinto, un disegno o un film per loro natura sono “chiusi”. Al contrario l’ambiente, per definizione e per le interazioni che ha, è vivo e questa vitalità si celebra con l’accoglienza e l’incontro con lo spettatore». La partecipazione, l’interazione, il coinvolgimento del pubblico nel percorso espositivo, è necessario perché le opere possano essere completate. «Gli ambienti hanno preso forma in un lungo momento di sperimentazione, di apertura, ma anche di immersione in un futuro visionario, tanto tecnologico, rivendicativo, quanto escapista», ha continuato Lissoni.
In conclusione, Ambienti 1956-2010. Environments by Women Artists II è più di una semplice mostra: è un viaggio sensoriale ed emotivo attraverso la creatività femminile degli ultimi sessant’anni. Un’occasione per lasciarsi ispirare e per celebrare il potere dell’arte di trasformare e arricchire la nostra visione del mondo. Non perdete l’opportunità di visitarla al MAXXI di Roma, e i minori entrano GRATIS!
A proposito di gratuità, prossimamente la guida con i miei trenta espedienti (più uno) per non lavorare! Alla prossima!

















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