Punk, fumetti e fake news: Frigidaire risorge a Trastevere (con stile)

Storia e immagini della più rivoluzionaria rivista d’arte del mondo

Ciao amiche e amici, come state? Io bene. Quand’è che abbiamo smesso di essere “provocatori” ma, anzi, abbiamo accettato che “non si può dire più niente”? Attenzione, non parlo di quella cazzata pop-fascista con cui oggi si riempiono la bocca e i post sui social quelli che vogliono sentirsi liberi di bullizzare le categorie meno rappresentate, più fragili (sì, è quello: è bullismo, è prendersela con i deboli, con chi non ha i numeri né gli strumenti per difendersi. E questo è fascista: fare i deboli con i forti e i forti con i deboli. Ma questa è materia per un altro post), mi riferisco a quel modo di fare satira e critica sociale in maniera esplosiva, dirompete, offensiva, scomoda, irritante. In quel modo maturato dagli anni ’70 in poi, e che si è clamorosamente arenato nell’ultimo decennio, stranamente in concomitanza con l’avvento di tutte queste latrine censoree populiste nuove tendenze socio-politiche. Ma mettiamo da parte le nostre simpatiche disquisizioni sull’attualità e rinfreschiamoci la memoria con un tuffo ironico, esplosivo e nerd nella mostra evento dedicata a Frigidaire, la rivista cult risorta in questa coloratissima esposizione vista per voi.

La mostra si legge come un fumetto continuo: più di 300 opere — copertine, tavole originali, reportage, video, testimonianze — per raccontare la parabola di una rivista e di una controcultura che guardava ai ’70 e li sovvertiva. Il percorso tra le sale è una sinfonia rock: atmosfera da redazione fatiscente, vignette sferzanti, fotografia bislacca, e una grafica che ti strega fin dal primo pannello. Frigidaire era (ed è) un frigo che vibra, pieno di roba viva, fermentante, pronta a deflagrare ogni cornice.

Frigidaire non è mai stata una rivista. È stata un’esplosione, un sabotaggio riuscito, una specie di meteorite che si è schiantato su giornali, musei e buone maniere. Al Museo di Roma in Trastevere, la mostra Frigidaire. Storia e immagini della più rivoluzionaria rivista d’arte del mondo tenta (con coraggio) di mettere ordine nel caos creativo di quel gruppo di visionari armati di matite, inchiostri, macchine da scrivere e una rabbia intelligentissima.

Appena si entra, è chiaro che non si sta visitando una semplice esposizione. tra cyborg mezzi nudi, editoriali di politica estera scritti come pezzi punk e illustrazioni velenose di Pazienza. C’è RanXerox, il muscoloso disturbato più amato dai lettori europei, ci sono le copertine che hanno fatto scuola — e scandalo — e c’è soprattutto quella sensazione meravigliosa di libertà: ogni immagine esposta è un colpo sparato contro l’inerzia culturale dell’epoca. Ci sono pubblicazioni simili in giro oggi? Mi sento di dire di NO.

Scopri anche cose che non sapevi: ad esempio che il nome “Frigidaire” fu scelto perché suonava bene e faceva pensare a un contenitore freddo, pieno di roba che fermenta. O che in Afghanistan qualcuno si beccò una stella rossa posticcia firmata Liberatore, nel primo esempio noto di fake news artistica. O che alla base di tutto, c’era un’idea oggi quasi illegale: che l’ironia salvi più della retorica, e che anche la cultura può (e deve) sporcarsi le mani.

Frigidaire ha cambiato per sempre il modo di concepire l’arte disegnata, la satira, il giornalismo underground. Questa mostra non la celebra: la fa detonare di nuovo. E lo spettatore? Guarda, ride, riflette, e forse (forse) si rende conto di cos’è cambiato. Che il senso di “non si può dire più niente” è proprio questo: non c’è nessuno che dice qualcosa di scomodo, di provocatorio, di osceno contro gli orrori del potere. Non lo fanno i giornalisti, che dovrebbero per mestiere. Non hanno voce le opposizioni che non trovano spazio nelle TV e sui social drogati dagli algoritmi. Figuriamoci se possono artisti, grafici e vignettisti.


P.s.: scopri anche che negli anni Duemila, questa banda di matti capitanati da Pazienza e Sparagna con il plauso e l’appoggio di Achille Bonito Oliva (ritratto in queste sale in costume adamitico) fondano, in uno spazio ex coloniale in Umbria, Frigolandia, una micronazione con Costituzione e tutto, oggi laboratorio, redazione e tribuna per nuovi ribelli creativi.


In breve: questa mostra è un carico di energia pura, una ventata di genio, irriverenza e capacità critica. Non una semplice rivista, Frigidaire è un vulcano. Ne avremmo ancora bisogno? Sì.

Michele Lamacchia

Le parole creano mondi

Nota a margine: il Museo di Trastevere si conferma ancora una volta uno dei peggiori spazi espositivi per quanto riguarda l’illuminazione mnngllpttn. I riflessi dei faretti sono fastidiosi come la famosa sabbia nelle famose mutande. Fate qualcosa, cz. Grazie.


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