“Stop Drawing”, Il disegno è morto, viva il disegno!

Il futuro dell’architettura nelle utopie urbane

Ciao amiche e amici, come state? Io bene. In questo tempo contemporaneo tutto digitale, per stimolarmi a lasciare l’iPad e tornare a scrivere a mano e a disegnare, i miei studenti (che adoro e che saluto) mi hanno regalato una cosa che si chiama “matita infinita“: un prodigio. Ma il disegno è morto davvero? Per rispondere a questa domanda e/o per stimolarmi, sono stato al MAXXII.

L’esposizione, ideata da Pippo Ciorra e organizzata dal Dipartimento di Architettura e Design Contemporaneo sotto la direzione di Lorenza Baroncelli, propone un’esplorazione del significato del disegno nell’architettura contemporanea, analizzando la transizione storica dal gesto manuale alle molteplici potenzialità offerte dagli strumenti digitali.

Si parte morbidi, con una carezza vintage: i tavoli da disegno originali di Carlo Scarpa, che sembrano altari minimalisti, e hanno il potere mistico di far sentire tutti — anche i non architetti — come monaci laici del dettaglio. Poi il tono cambia: ecco che arriva Frank Gehry con il plastico della Walt Disney Concert Hall, tutto curve futuribili e desideri da città del domani. E quando pensi di aver già visto abbastanza cemento sublimato, arriva Liam Young con Planet City a ricordarti che forse, in futuro, vivremo tutti stipati in un’unica mega-metropoli. Una distopia elegante e un po’ claustrofobica, una città miniaturizzata che lo spazio lo moltiplica fino all’angoscia, un monito su densità e futuro urbanistico. Un incubo che ritroviamo nella microscopica stanza insonorizzata, dove è possibile sentirsi all’aria aperta indossando il VR.

La mostra è un continuo passaggio tra mano e macchina, fra utopie e materiali di recupero, fra la carta che scricchiola e i rendering che brillano. E poi c’è la sezione activist, con quelli che portano progetti pratici, che il disegno lo usano per cambiare cose vere, non solo planimetrie. Il collettivo Raumlabor costruisce strutture galleggianti, gli Orizzontale animano spazi abbandonati: nessun render 3D, solo gente che prende martello e fantasia e si rimette a progettare mondi dove vivere ha ancora senso. Lo schizzo trasformato in atto politico.

Stop Drawing afferma che il disegno, lungi dall’essere un bel ricordo da museo, è oggi un gesto politico e poetico. Le arti grafiche tradizionali convivono e dialogano con la rivoluzione digitale, dimostrando che il tratto, anche se digitale, è ancora la chiave per pensare lo spazio. L’allestimento, poi, diviso nelle quattro sezioni digitale, attivista, artistico e ritorno al disegno, fa scorrere le opere come in un grande racconto visivo: ti senti risucchiato, curioso, perfettamente a tuo agio tra matite, schermi e tessuti. Oh, abbiamo riconosciuto anche il buon vecchio Ólafur Elíasson con dei congegni geniali, dove la luce (sempre protagonista nelle sue creazioni) disegna sulla carta lasciando una traccia lunga un anno intero.

A quanto pare, non si è mai smesso di disegnare. Semplicemente abbiamo cambiato penna. La mostra Stop Drawing. Architettura oltre il disegno è tutto tranne che un funerale al tratto su carta. È piuttosto una festa, un rave di linee, forme, pixel, materiali improbabili e visioni urbanistiche che ti fanno venire voglia di abbandonare AutoCAD e plotter vari, per tornare a fare l’amanuense.

Si disegna ancora, quindi. Solo che ora lo si fa anche con il corpo, con il suono, con il gesto, con la politica. Stop Drawing è una mostra che più che dirti di fermarti, ti invita a ripensare da dove parte davvero un’idea. Non dalla matita, ma dalla necessità. Il disegno è anche attivismo, sogno e resistenza, e Stop Drawing ne dà dimostrazione: un percorso che ti fa ripensare perfino al semplice gesto di tirare una riga. Qui il disegno non si ferma alle mura, ma si fa idea, azione, futuro.

Se vi aspettate la classica sfilata di schizzi e sezioni in controluce, resterete delusi. Se invece siete pronti a entrare in una mostra che è anche un manifesto visivo sul futuro del pensiero spaziale (e del pensiero, punto), allora fermatevi. E guardate. Disegnare, in fondo, è solo un modo per ricominciare da capo.

Michele Lamacchia

Le parole creano mondi


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