
«Come si sente?», «Bene. Molto bene, grazie.»
A terapia cercavamo di riconoscere e sbrogliare ancestrali nodi gordiani e siamo inevitabilmente finiti a parlare di infanzie, di rapporti con l’autorità e con l’ambiente. E quando pensi di stare bene, di aver fatto pace con qualcuno o con qualcosa, arriva un nuovo punto di vista che ti costringe a mettere di nuovo tutto in discussione: «E a Bari è tornato? Suo padre, lo ha sentito?»
Parlavamo dei drammi collettivi della vita di quartiere a Bari, un posto che, allo sguardo curioso di un bambino degli anni ’80, indubbiamente doveva sembrar cattivo. E cominciammo a pensare nel nostro grande mare (dei ricordi): com’è cambiato tutto. Lo dico sempre, lo ripeto a chiunque viene a Bari con me: che bello, la città è più pulita, più ordinata, europea.
Me ne andai, ormai più di vent’anni fa, dopo che per l’ennesima volta uno, in mezzo alla gente, mi ha puntato la pistola in faccia. Ma si può vivere così?
«Quindi ha fatto pace con i posti nei quali è cresciuto?», «Sì, sì, davvero: ora ci torno volentieri, ci vivrei», «Certo… (pausa) Ha letto La città spezzata di Leonardo Palmisano?»
Pubblicato da Fandango, La città spezzata non è un romanzo, è una specie di reportage, di dialogo, di conversazione con la città, con decine e decine di persone lecite o meno, di qualsiasi classe e rione. Non sono riuscito a capire le intenzioni dell’autore, se volesse dimostrare come, dietro le quinte della conquistata apparenza da città perbene, ci sia un intricato e frammentato sottobosco di clientele, di malaffare, di criminalità mafiosa, un brulicante espedientismo che non permette davvero a questa città di decollare. Nelle intenzioni di Palmisano, c’è un positivo e un negativo, ci sono risorse che spingono per affermarsi, idee e persone di una comunità viva e altre che vi si contrappongono lasciando le prime senza scampo. Ma l’impressione che si ha, è che il positivo non esiste, resta solo nei propositi.
Bari è La città spezzata, divisa in due tra bene e male, generata e sostenuta dalla fame di lavoro, di progresso, di “bella vita”, la Bari del calcio e degli ultras, delle famiglie mafiose, dei traffichini, delle multinazionali che illudono, dei commercianti che chiudono, dei ricercatori che scappano, di quelli che tornano (e che se ne pentono), dei baroni, dei fascisti, dei prestanome, dei senzatetto, delle puttane e delle escort, della politica, degli integralisti, della Chiesa. Bari che si fa bella ai turisti, Bari la torta spartita tra i clan, Bari la focaccia, i panzerotti, il Lungomare, le orecchiette, Bari pittoresca, Bari macchietta, Bari la caricatura, la Bari che invidia la Bari che vorrebbe essere e che non è.
«Sii felice, sei a Bari» e io che forse non ho capito niente e viviamo solo un’illusione.
«Mi dica, poi l’ha letto La città spezzata di Leonardo Palmisano?», «Sì.», «E come si sente?», «Non lo so, non so più niente…», «Allora ne riparliamo la volta prossima».




















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