“Col giornale ci incarto le cozze”

“Il povero Chicco dormiva abbracciato al suo orsetto preferito, nel lettino della sua nuova cameretta. Sognava la festa del suo primo compleanno, che si sarebbe dovuta tenere l’indomani. Ad un certo punto il sogno è stato spezzato dall’incendio che si è sprigionato al piano di sotto della sua casa. Il suo cane Billo ha cercato di farsi largo tra i fumi. Ma purtroppo per lui non c’è stato niente da fare” la musica di sottofondo, un laconico Ludovico Einaudi, sottolinea il momento in modo struggente. E dopo “In spiaggia adesso: qual è il look più trendy dell’estate? Il microstring da indossare con disinvoltura al mare, ma anche in ufficio. Guardate”
Scrivere su un giornale non fa di te un giornalista, come Scrivere non fa di te uno scrittore. Cominciamo con il mettere i puntini sulle i. Lo Scrittore non scrive, ma evoca. E le cose che scrive, le sue parole, possono essere slegate dal contesto, possono (come dico io) “creare dei mondi”. Potremmo scrivere per ore di scrittura, specie perché lo scrittore è padrone. Pur avendo un suo dovere morale, in quanto scrivendo può fare cultura e quindi indirizzo, opinione, non si esclude che lui possa scrivere anche solo per sé stesso, per gusto o sfogo, o per l’estetica stessa dello scrittura. E una prima, grande differenza tra la letteratura e il giornalismo è che la prima è “l’arte di scrivere qualcosa che sarà letto due volte, l’altro invece di scrivere qualcosa che deve essere compreso immediatamente”. E il giornalista non solo scrive su un giornale, ma dovrebbe avere un’etica della scrittura rivolta al lettore. Dovrebbe essere imparziale, limitarsi ai fatti (“Finalmente sono un giornalista anch’io: ora i fatti non mi interessano più” diceva un Pat Buchanan, già giornalista CNN ed editorialista, tra gli altri, per National Review e Rolling Stone), essere preparato, sapere di cosa parla e dire quello che sa (diceva lo scrittore e giornalista Karl Kraus: “il giornalismo è il luogo ove uno parla di cose che ignora e tace le cose che sa”), dovrebbe saper scrivere correttamente (anche se ultimamente niente è più scontato: se il giornalismo televisivo è ormai avulso dalla forma, quello scritto spesso mortifica l’italiano. Ho letto recentemente un “Tocca a mè”, per esempio. Oppure ” E sarà la svista, ma anche il giornale stesso… non te la può fare una lavata di testa?), dovrebbe saper stimolare il dibattito. Il dibattito da strada, da bar, stando alle calcagna del potere, stanando il falso, il trucco e le contraddizioni, fare domande fastidiose, irritanti, piuttosto che adagiarsi a tappetino perché “ho il pezzo, ho l’intervista” ed è questo ciò che conta. Certi giornali sono scritti talmente a caso che meriterebbero un bollino nero, tipo il “Parental advisory” per i contenuti offensivi. Un mio amico a cui ho chiesto se normalmente leggesse il giornale, mi ha risposto: “Col giornale ci incarto le cozze”
Mi hanno dato del “pericoloso sovversivo” per aver chiesto in più occasioni a sindacati e sindacalisti di fare il loro lavoro, di difendere i diritti dei lavoratori. Mi hanno dato del “sobillatore” per aver suggerito a qualcuno di pretendere il rispetto dei propri diritti. Mi hanno dato del “bugiardo” per avere detto troppa verità, tanta verità da non essere creduto.
Una persona molto saggia, a cui devo molto e che non sbaglia mai un sconsiglio, mi dice sempre: «Lasciali fottere, pensino ciò che vogliono. Se sai di essere nel giusto, se conosci la verità (la vera verità, quella oggettiva) vai pure avanti»
In quanto ai servizi di apertura, sono citazioni a memoria di pezzi realmente trasmessi dalla televisione, da un TG che fortunatamente ha almeno il pudore di non chiamarsi TG (l’unico pudore che ha, tra l’altro, perché altri pudori non ne ha affatto) e che ha la pretesa di voler piacere ai giovani. Personalmente, da sociologo, seguo i fenomeni di costume con interesse ma mi sono talmente schifato da volermi rifiutare definitivamente di seguire certi programmi.
I giornalisti hanno una grande responsabilità, inclusa quella di contribuire a formare l’opinione e il senso critico dei lettori. Il senso critico è una risorsa enorme. Non dovrebbe essere mortificato, strumentalizzato o narcotizzato.
D.: «Ti rendi conto di quello che potrebbe succedere senza l’informazione, senza la conoscenza, senza la mobilitazione popolare?»
R.: «Guarda! Una macchina gialla!»

 

Michele Lamacchia

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