Inauguriamo la rubrica delle Storie minime, racconti brevissimi da leggere in ascensore, al semaforo, in coda alle macchinette, in tutte quelle situazioni in cui avete bisogno di isolarvi dalla gente evitando gli sguardi e cercate una scusa per farlo.
Natale uguale amore.
Ora, alcuni (pochi) anni fa andai a vivere con un mio amico (per convenzione “Franco”) e dopo un trasloco essential (la casa era già verosimilmente arredata, sebbene con gusto dubbio e nei colori del giallo e del blu e decorazioni di grossi, pacchiani girasoli) ne prendemmo possesso, proprio in corrispondenza di questi giorni dell’Immacolata e dintorni.
Davo per scontato che avrei potuto fare l’albero di Natale e disporre le altre luccicanze, e poter preparare così la casa a un avvento di buon augurio e prosperità, ma il c.d. Franco si oppose con una forza e una decisione irremovibile che mi stupì.
Credetti di dover piangermi il primo Natale lontano dai miei senza neanche un fil rouge di decorazioni!
Credo fermamente che sia nostro dovere irrinunciabile quello di contribuire, con gesti evidenti e significativi, alla lotta iconoclasta nei confronti di certe manifestazioni del consumismo capitalista! E occorre farlo senza indugi: a partire da qui è da ora! (Cit. Franco)
Con garbo e probità dialettica, provai a spiegargli che, stante le sue irreprensibili argomentazioni, rendere la casa accogliente, curata, dando anche l’idea di una naturale ben disposizione alla frivolezza delle feste, era un passo fondamentale per convincere eventuali ragazze di passaggio a restare (e scopare).
In due secondi uscì e comprò un alberone tanto con già sopra tutte le palle e lo piazzò nell’ingresso. Un lusso.
Riuscii a farglielo smontare solo a giugno, quando si lasciò con la ragazza.
Fine.
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