On stage.
Questa è la fine, questo è il principio. Nel buio del backstage si sentono solo i crock delle tavole sotto i piedi. Buio dipinto di nero. Davanti i brusii. Mi state aspettando. Se chiudo gli occhi vedrò il nero dietro le palpebre diventare blu porpora, rosso, arancio, bianco, poi luce pura. I miei occhi come valvole preamplificatrici. Il sibilo leggero delle resistenze, ronzando, attraverserà tutte le frequenze udibili e inaudibili, diventerà un fischio appena percettibile. Sono io la luce che sta per bruciare.
Ho fumato un’altra sigaretta. L’ultima mi ha graffiato la gola. Mi farà male gridare l’amore e la cenere che ho dentro – hush and dust – che mi scuote il petto. Le vostre mani sulla mia pelle nuda mi cercheranno, mi toccheranno e non avrò paura. Prendo fiato e respiro piano. I’ve a shaky feeling. La paranoia dell’ansia svanirà al primo attacco.
Strisciando il plettro di lato sulle corde sentirò quel graffio che mi farà scattare le spalle, rizzare la pelle delle braccia e della schiena, che mi farà piegare e arcuare la spina dorsale, contrarre il ventre. Dalla nuca scenderà l’onda sollevando e abbassando le vertebre, stringendomi i reni, facendomi schizzare la coda a frusta. Non ho alcuna paura. Taglio l’aria, sono lucertola, sono fuoco nel cielo, calore e luce, sono fumo sull’acqua.
Sento le mani, le vostre, le mie, quelle della band. Ho sentito uno slap sul basso. Ho sentito sfiorare i piatti. Mi carico di elettricità, divento luce. La differenza di potenziale tra me e voi genererà la scarica che infiammerà lo stadio.
I’m not foolin’. Mi basterà inserire il jack nell’amplificatore.
I just have to switch.
On.
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