La crisi e la relatività

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iun u’ mond’ d’ la lune du’ u’ mond’ blu tre la figghie du’ rre quatt’, le battamane

La crisi e la relatività.

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato'” (A. Einstein, riferendosi alla “grande crisi” del ’29)

I ragazzini venivano forgiati con strumenti educativi propedeutici allo sviluppo e alla consapevolezza
I ragazzini venivano forgiati con strumenti educativi propedeutici allo sviluppo e alla consapevolezza

Quando ero piccolo non tutti avevano due macchine, ma spesso nemmeno una. Lo zio ricco aveva una 131 Mirafiori, quello così così la 127, quello operaio la 126. Fine. Papà che non era niente, non aveva niente. E ogni volta che dovevamo spostarci da qualche parte dovevamo chiedere a qualcuno se potesse venirci a prendere e a lasciare. La cosa, comunque, non era strana: era una cosa ancora comune a molti, quindi non ci si sentiva “inferiori” o “emarginati” o “autolesi“. Quando ero piccolo c’era la benzina al piombo che aveva un odore stupendo! E io e i miei cugini andavamo apposta a giocare a pallone vicino al distributore della Chevron per fare il pieno di quell’odore. Era così irresistibile che inspiegabilmente tutti i bambini (ricordate?) sognavano di fare “il benzinaio“. Quando io ero piccolo la benzina costava meno di mille lire e ti potevi comprare la casa accendendo un mutuo a vita con tassi superiori al venti percento.

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L’immancabile pranzo al cofano

Quando ero piccolo andavamo al mare a Palese in dodici (sistemati anche nel cofano) in una Panda 30 blu dalle sospensioni irripetibili. Non tutti si potevano permettere un cabina in un lido o meno ancora una vacanza, così lo zio ingegnoso, avvitando tra loro dei tubi di metallo per il gas con dei raccordi, la mattina montava una grossa tenda sulla spiaggia che smontava al tramonto (e non c’erano tende lancia-e-usa, tipo two seconds. Era un modello “novecento seconds”, quando andava bene…). E poi tutti a casa felici e contenti.

Quando io ero piccolo c’era il “vuoto a rendere“: le bottiglie di vetro vuote si potevano restituire al rivenditore e potevi ricomprarti la birra a qualche cento lire di meno. Quando ero piccolo ci vestivano con le robe del fratello più grande, che le prendeva dal cugino più grande, che le prendeva dall’altro fratello più grande, che al mercato il padre comprò. Tu stavi là e aspettavi e speravi che tuo fratello crescesse più in fretta per poterti finalmente mettere quella sua bella maglietta americana, e non fa niente se orami s’era scolorita. Quando ero piccolo non ho mai avuto una cameretta MIA, né tantomeno un pigiamino della mia misura. Figuriamoci se con il pezzo di sopra appaiato con quello di sotto!

"Papi, ma ai vecchi tempi era davvero tutto bianco e nero?"
“Papi, ma ai vecchi tempi era davvero tutto bianco e nero?”

Quando io ero piccolo c’erano gelati da meno di cento lire, ma si usava molto fare i ghiaccioli in casa, con la menta e l’amarena. Quando ero piccolo c’erano pochi canali alla TV, non c’era Sky, non c’era Premium, non c’era On demand, e i cartoni animati cominciavano alle quattro e finivano alle sei del pomeriggio. Quando io ero piccolo non c’erano i videogiochi, tranne l’Atari. Che però ce l’aveva solo il cugino ricco. Per tutti gli altri c’era mezza bicicletta (io ne avevo una con un banchetto di legno al posto del sedile), il carruccio fatto con un’anta di mobile con dei cuscinetti sotto, il flipper fatto inchiodando su una tavola chiodi, elastici e mollette da bucato. Anche far rotolare un copertone era una specie di gioco. Anche fare a mazzate. Ma questo non lo diciamo, perché i grandi non lo capivano e si mettevano sempre in mezzo. Il bel gioco che durava poco.

Ecco, per noi i "cartoni" erano questi. Da cui: "Andate a fare i cartoni!".
Ecco, per noi i “cartoni” erano questi. Da cui: “Andate a fare i cartoni!”.

Quando ero piccolo e c’era da festeggiare un compleanno, un battesimo, una comunione, tutta la famiglia in ogni suo grado si riuniva a casa dei nonni e c’era panino e Peroni per tutti. Bambini inclusi. E la torta, giustamente. E la musica con il mangiadischi. E si ballava finché i bambini non si abbioccavano sui tavoli.

Quando io ero piccolo non c’era la crisi.

 

Michele Lamacchia

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