(Contiene SPOILER e immagini FORTI, se ne sconsiglia la visione ai soggetti sensibili)
Amiche e amici, come state? Io sono dai carabinieri per una denuncia per truffa e nell’attesa del mio turno eccomi qua. Ancora poche settimane per visitare uno degli eventi più belli del biennio, la Biennale, appunto, dell’Arte di Venezia. L’edizione di quest’anno, la prima dopo le chiusure straordinarie per la pandemia, è risultata leggermente meno frequentata (anche per numero di paesi espositori ed artisti) ma non meno spettacolare. La direzione artistica di Cecilia Alemani, prima volta per una donna italiana alla guida dell’evento, ha dato un’impronta netta: “per la prima volta negli oltre 127 anni di storia dell’istituzione veneziana, la Biennale include una maggioranza preponderante di artiste donne e soggetti non binari, scelta che riflette un panorama internazionale di grande fermento creativo ed è anche un deliberato ridimensionamento della centralità del ruolo maschile nella storia dell’arte e della cultura attuali” cosa che ha scaturito numerose proteste da parte di chi diceva che con questa direzione “si discriminano gli (artisti) uomini” (quasi si dimenticasse quella che è sempre stata un’importante sproporzione nel senso opposto).
Ispirata a Il latte dei sogni, il libro surrealista di Leonora Carrington, la Biennale di quest’anno supporta un tema: interpretare il complicato rapporto che l’individuo moderno deve sostenere vivendo la molteplicità di scenari e possibilità che la contemporaneità gli consente, e la pressione intollerabile che sente sulla sua propria identità. Nelle opere ricorre, pertanto, la presenza di figure antropomorfe, umanoidi, macchine e animali, oggetti. Forte è la presenza del corpo, certezza da cui partire e a cui tornare: corpi nudi, vivi (o morti), sangue. E passioni, sentimenti complessi che scorrono sotto la superficie a volte scintillante e patinata della (apparente) realtà. L’essere Umano che chiede (e chiede a sé stesso) di sfondare la parete del post-modernismo – con il suo ottimismo tecnologico – scontrandosi con la propria natura viva e mortale.
La mostra Il latte dei sogni si articola negli spazi del Padiglione Centrale ai Giardini e in quelli delle Corderie, delle Artiglierie e negli spazi esterni delle Gaggiandre e del Giardino delle Vergini nel complesso dell’Arsenale. Prendetevi almeno due giorni, due giorni interi. Ci sono tanti contenuti da ammirare, su cui non posare solo lo sguardo ma con cui mettersi in discussione, riflettere. Tutto è così immersivo: lasciatevi trasportare.
La mia installazione preferita è stata quella del padiglione Italia, Storia della Notte e Destino delle Comete di Gian Maria Tosatti che, non saprei dire perché, mi ha fatto piangere.
Ne avrei da parlare per ore come per tutte le cose che, nel bene o nel male, mi trafiggono il cuore. Vi lascio alcuni scatti e video di quello che ho potuto vedere e sentire e rimango qui per tutte le domande che voleste farmi, sia sulle singole opere o sulle mostre, sia su altri aspetti (come muoversi a Venezia, dove mangiare o dormire – io per esempio ho preso un’in*ulata spaziale perché ho preso un appartamento in affitto che invece non esisteva). A presto, con amore.






























