Ammalarsi di Tristezza oggi

Amiche e amici, come state? Io bene anche se, come per tutti, questa clausura mi sta facendo andare ai matti. Mi è venuto subito in mente Tristezza, la nuova, bellissima graphic novel di casa NEO, scritta e sceneggiata da Federico Reggiani e disegnata da Angel Mosquito per la collana Cromo.

Siamo nel 2030 e la diffusione di un misterioso morbo, chiamato Tristezza, ha contaminato l’intero pianeta. Lo scenario è da apocalisse: città abbandonate, niente internet, niente elettricità, pochi animali da cortile sopravvissuti, nessuna struttura statale a governare, a controllare, a proteggere i sopravvissuti. L’infezione colpisce le persone che abbandonano qualsiasi attività lasciandosi morire nello sconforto, nell’angoscia, nella disperazione. I superstiti devono arrangiarsi: raccogliere l’acqua, preparare conserve per i soliti cibi, inventarsi una scuola primitiva e persino inventarsi l’intrattenimento. In un mondo senza più internet anche trovare delle riviste vecchie può regalare un guizzo di vita. Chi è nato prima del web sa di che sto parlando. Vi ricordate? Quante etichette di shampoo imparate a memoria al cesso, quanti vecchi numeri di Cioè, Novella 2000 o Postalmarket (a proposito di graphic novel)!

La gente si riunisce in comunità, tornando a praticare una specie di economia tribale di sussistenza, tramandandosi storie di “com’era prima” e difendendo sé stessi e le proprie povere cose da altri gruppi più aggressivi, crudeli, sanguinari. E, come tutti i corsi e i ricorsi storici, la soluzione che appare più efficace è quella di un regime rigido, controllante e regolatore di tutte le attività, incluso mangiare, dormire, divertirsi. Anche l’amore.

Onore e merito ad Andrea Tosti e a NEO Edizioni per aver visto lontano e per aver recuperato e portato a noi questo progetto. Reggiani e Mosquito la scrivevano (e la disegnavano), pubblicandola a puntate sulla rivista argentina Fierro tra il 2010 e il 2013, molto prima dell’attuale crisi sanitaria. Ipotizzavano che l’infezione fosse partita dalle vacche per arrivare all’uomo. Nello stesso periodo usciva Spillover, l’evoluzione delle pandemie, con Quammen che ci metteva in guardia sul rischio di zoonosi, sul salto di specie dei virus. Solo il pensiero fa venire i brividi.

La palette dei colori è cupa, i tratti delle tavole sono duri, marcati, come certe scene della storia. Perché un mondo così fa paura. Una società di morti viventi, diresti, ma non zombie: gente che si lascia morire di tristezza e gente invece che usa ogni mezzo per sopravvivere, per progettare un futuro, per rifondare una società, per far nascere i figli. L’errore che possiamo fare è quello di guardare indietro e cercare di ricreare il mondo “com’era prima” perché non lo sarà mai più. Occorre invece ripensarlo alla luce di quello che abbiamo in mano e sulla scorta di ciò che le esperienze ci hanno insegnato.

Quale può essere l’antidoto alla tristezza? Forse la follia. E un piano B.

Michele Lamacchia

Le parole creano mondi

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