
Amiche e amici, come state? Io bene, se si esclude un generico, vago sentore di morte che mi prende ancora tutte le sere e le notti. E mi è tornato in mente lui, il maestro DeLillo di cui non ho mai parlato abbastanza. Lui che, in questo capolavoro, stava studiando il Dylar, un farmaco che cancella proprio la paura di morire.
Cosa succede, in Rumore bianco? Che la società americana, basata su un sistema capitalisti-consumistico lineare, senza strappi al motore, dove si è liberi di difendere la propria libertà financo con le armi, a un certo punto deve fermarsi, fare i conti con l’imprevedibile. Jack Gladney, buon professore di studi Hitleriani in una piccola università di provincia, dialoga con il suo collega-confidente Murray in un serrato dialogo speculativo lungo tutta la narrazione, nel tentativo continuo di interpretazione del nostro tempo e dei suoi detriti cultural-popolari.
La vita scorre tranquilla fino a che non viene inghiottita da una nube letale, un evento tossico aereo, espressione condensata delle miriadi di piccoli eventi tossici di cui è disseminata un’esistenza a contatto continuo con trasmissioni televisive, radio, forni a microonde e cibi stracolmi di conservanti e additivi chimici. Tutto viene messo in discussione, la gente deve chiudersi in casa, fare provviste, vivere giorno dopo giorno nell’incertezza. Questo disastro ambientale diviene il motore scatenante della paura della morte di Jack. In più, egli scopre nel frattempo che la moglie Babette, atterrita anche lei dall’idea di morire, ha intrapreso un segreto quanto oscuro percorso di cura a base di un farmaco sperimentale, il Dylar appunto, creato per eliminare la paura della morte.
Secondo voi, dopo il nostro “evento tossico aereo” di questi mesi, la nostra società, il nostro sistema sono in bilico? E poi: state dormendo bene?
Vi abbraccio, so far so close.
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